Non sopporto più mia moglie…Vi prego, portatemi in carcere! Imputato assolto dall’accusa di evasione domiciliare

Gli é però costata una condanna dalla Corte di Appello di Messina alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di evasione.

L’imputato ha ricorso in cassazione deducendo l’insussistenza del reato, non avendo in realtà mai voluto sottrarsi al controllo dell’Autorità, essendosi la condotta concretizzata nell’avere, dopo un litigio con la moglie, telefonato ai Carabinieri informandoli della maturata decisione di volere andare in carcere.

Il ricorso non poteva che essere accolto. Con la sentenza n. 1232/2015 la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto infatti corretto il rilievo difensivo secondo cui la ratio che sorregge la norma di cui all’art. 385 cod. pen. (Evasione) consiste nell’obbligo imposto alla persona sottoposta alla misura detentiva domiciliare di rimanere nel luogo indicato e non allontanarsene senza autorizzazione, perché ritenuto idoneo da un lato a soddisfare le esigenze cautelari e dall’altro a consentire agevolmente i prescritti controlli da parte dell’autorità di Polizia Giudiziaria.

La Corte territoriale ha ritenuto che l’intervenuto litigio con la moglie all’interno del domicilio condiviso ( e coatto per l’imputato) e la comunicazione dell’imminente allontanamento alla utenza 113 dovessero essere apprezzate unicamente riguardo al movente della condotta tipica, consistente nell’indebito allontanamento dall’abitazione, come tale incidente esclusivamente sul trattamento sanzionatorio in concreto applicato dal giudice.

Se tuttavia la condotta in addebito viene apprezzata nel suo insieme, considerando cioè che l’imputato venne trovato fuori dall’abitazione in attesa dell’arrivo dei Carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere, si deve necessariamente concludere per l’assenza di offensività concreta ex art. 49, comma 2 cod. pen. (Reato impossibile) atteso che in nessuno momento egli si è sottratto alla possibilità per gli addetti al controllo di effettuare le dovute verifiche, restando nelle immediate vicinanze del domicilio coatto.

La stretta connessione tra comunicazione dell’imminente violazione del divieto di allontanamento, permanenza nel pressi del domicilio allo scopo di far rilevare l’allontanamento stesso e manifestazione dell’intento di volersi assoggettare ad un regime cautelare addirittura più rigoroso, determina l’irrilevanza dell’infrazione, non risultando, infatti, violata la ratio giustificativa del precetto.

Così la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Garante Privacy: 1 milione e 900 mila euro di sanzioni riscosse nel primo semestre 2016

Oltre 2.000 sanzioni contestate.1 mln e 900 mila euro di sanzioni riscosse e

Questi i numeri del primo semestre 2016 per l’attività ispettiva del Garante Privacy. svolta anche in collaborazione con il Nucleo speciale Privacy della Guardi di Finanza attraverso la recente sottoscrizione del nuovo protocollo di intesa che rafforza l’attività di collaborazione tra le due istituzioni.

Primo semestre 2016, pertanto,segnato da un significativo incremento dell’attività sanzionatoria. Le somme già riscosse dall’erario sono state pari a circa 1 milione e 900 mila euro (con un aumento del 5% rispetto al primo semestre 2015). Le sanzioni contestate sono state oltre 2.000 (con un aumento del 44% rispetto al primo semestre dello scorso anno). 37 sono state le segnalazioni all’autorità giudiziaria (+ 85% rispetto al primo semestre 2015) che hanno riguardato soprattutto casi di mancata adozione delle misure minime di sicurezza, le violazioni connesse al controllo a distanza dei lavoratori, l’inosservanza dei provvedimenti del Garante.

Gli accertamenti, svolti anche con il contributo delle Unità Speciali della Guardia di finanza, Nucleo speciale privacy, hanno riguardato numerosi e delicati settori: le grandi banche dati pubbliche (Agenzia delle entrate, Inps); il trasferimento dei dati in Paesi extra Ue da parte delle multinazionali; le società di car sharing (in particolare sui dati di geolocalizzazione dei clienti); i Caf; il marketing telefonico; la profilazione effettuata dalle società di ricerca del personale; gli investigatori privati; le concessionarie di autovetture.

Nel settore pubblico le criticità maggiori riscontrate sono quelle legate alla diffusione illecita di dati, soprattutto da parte delle amministrazioni comunali, mentre nel settore privato le violazioni più frequenti riguardano l’omessa o inidonea informativa ai clienti sull’uso dei dati, la mancata raccolta del consenso, l’inadeguatezza o la mancanza di misure minime di sicurezza, l’omessa notificazione al Garante.

Il telemarketing e l’attività dei call center; i trattamenti dei dati effettuati dai patronati relativamente al 730 precompilato; le concessionarie di giochi on line; alcuni sistemi informativi dell’Istat; le società che si occupano di ristrutturazione del debito. Saranno invece alcuni dei principali settori che verranno interessati dall’attività di accertamento del Garante per la protezione dei dati personali nei prossimi mesi. Nelle scorse settimane l’Autorità ha infatti varato il piano ispettivo per il secondo semestre 2016 che prevede nuovi ambiti di intervento [doc. web n. 5408359].

Oltre che i settori ricordati, le ispezioni riguarderanno, come di prassi, anche le istruttorie avviate su segnalazioni, reclami e ricorsi dei cittadini; la verifica dell’obbligo di notificazione; il rispetto delle norme sull’informativa e il consenso; l’adozione delle misure minime di sicurezza a protezione dei dati sensibili trattati da soggetti pubblici e privati.